LEZIONI DI VITA
Se c'è una cosa capace di rendere meno noioso un viaggio in treno è avere un bambino seduto davanti o di fianco: che sia un frugoletto pacioccoso capace solo di sorridere, fare "ghe-ghe" e sbavare o un pargolo quattrenne che continua a fare domande alla domanda, è sempre uno spasso e una gioia per il mio lato materno.
Oggi a Brescia sono saliti una mamma e un bimbo, di ritorno da una festa. Il bimbo era un amore: biondino, con gli occhi azzurri e le guanciotte rosse come il piccolo Sander (un picciriddu olandese che mangiava nel tavolo accanto al mio nella sala dell'albergo). Il bimbo si chiamava Filippo e aveva 4 anni, ovvero l'età dei perchè: "perchè quel signore non ha gli occhiali?", "perchè in aereo non si può parlare al telefono?", "come si chiama il signore seduto qui davanti?". La mamma ha dovuto inventarsi mille cose per farlo stare buono ma sveglio (non so per quale motivo non volesse che dormisse, anche se si strofinava gli occhietti con il pugno): hanno fatto il gioco "indovina a chi sto pensando dei tuoi compagni d'asilo?", poi l'ha fatto giocare con il suo timbro (credo fosse dottore) e gli ha fatto scrivere il suo nome, insegnandoli a fare la P nel modo giusto.
E' stata un'esperienza molto educativa, anche per farsi un'idea di come rispondere alle domande dei bambini, che torna sempre utile.
(in realtà il discorso doveva essere più esteso e articolato, ma voglio andare a giocare con un giochetto che mi ha mandato la Silvia)
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