Ieri pomeriggio ho fatto la mia prima intervista per la tesi.
Le cose si mettono bene già all'inizio quando, complice un bel vetro spesso, passo 10 minuti cercando di far capire al portiere che ho un appunto con il signor Se.re.no e non "Seleno": sono cose che capitano quando hai la erre moscia...
Finisco per scrivere il nome su un pezzo di carta, con lui che esclama: "se.re.no! Come il tempo fuori!"
Il signor se.re.no non è ancora tornato e devo aspettarlo nell'atrio, di fianco a una signora con dei problemi mentali e tanti peli sotto le ascelle, acconciati in graziosi riccioli in stile neo-classico.
Finalmente posso andare. Mi danno un pass per superare i tornelli e capisco il verso per cui farlo scorrere dopo solo 3 tentativi.
Prendo l'ascensore a sinistra (invece ho preso quello a destra, perchè il portiere aveva detto "subito dopo i tornelli") e arrivo al primo piano. Cerco l'uffico ma quel numero non c'è. Faccio avanti indietro per 3 volte, finchè decido che forse la cosa migliore è chiedere a quei tre simpaticoni sboroni che stanno cincischiando nell'open space.
I simpatici sboroni dicono che forse è nel corpo B, ma per sicurezza chiamano l'ufficio che sto cercando per farsi spiegare bene dove si trova.
Mi dicono che devo prendere l'ascensore, tornare al piano terra, salire le scale di marmo e prendere l'ascensore a sinistra.
Invece che uscire da dove arrivata vado verso la porta più vicina, non c'è ascensore, quindi scendo le scale e mi trovo di fronte a una porta a vetri che dà sul giardino. Mi tocca risalire. Siccome passare per la quarta volta davanti agli simpatici sboroni era troppo goffo anche per me, decido di salire al secondo piano, attraversarlo e prendere da lì l'ascensore.
Dopo lunghe peripezie arrivo finalmente all'ufficio giusto, sudatissima, agitatissima e molto orgoglioso di aver fatto l'ennesima figura da pirlotta. Fortunatamente il tipo è stato molto simpatico e ha detto che succede sempre a tutti di perdersi, perchè l'edificio è tanto bello (made by Giò Ponti), ma anche tanto labirintico.
La cosa più bella delle interviste, quando si trovano persone cordiali e disponibili, è il momento finale, quando incominciano a chiederti "Quando ti laurei?" e, soprattutto, "Cosa vuoi fare dopo?". Ho scoperto che rispondere "Mah, visto come gira, direi la commessa" è molto utile al fine di sentirsi rispondere "Ma no dai!".
La prossima volta spero di essere abbastanza lesta per rispondere "E' sicuramente più appagante e interessante che non lavorare in un call center".
Un'altra cosa molto bella è anche parlare male della propria università per giusticare il fatto che non si va più avanti. Ancora più bello è parlar male di quel vecchio cardipatico prossimo alla pensione che deve farti l'ultimo esame di TEATRO.